Sciopero medici. Sindacati a Governo e Regioni. “Chiediamo un confronto”
A una settimana dallo sciopero nazionale del 16 dicembre, le organizzazioni sindacali dei medici, dipendenti e convenzionati, veterinari e dirigenti sanitari scrivono a Governo e Regioni per chiedere la disponibilità ad un confronto programmatico, in assenza del quale rimangono senza risposta le criticità sofferte ed evidenziate da Operatori e Cittadini.
Di seguito il testo della lettera inviata.
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
Al Ministro della Salute
Al Sottosegretario al Ministero della Salute
Al Presidente della Conferenza delle Regioni
Al Presidente della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni
Al Presidente del Comitato di Settore
Da tempo il Presidente del Consiglio insiste, a ragione, sul capitale umano, leva per risollevare le sorti del nostro Paese, “l’unico grande strumento con il quale l’Italia uscirà dalla crisi”. E, coerentemente, si implementano le risorse economiche a disposizione della stabilizzazione e della formazione del capitale umano impiegato nella scuola pubblica. La Sanità, invece, continua a vivere, o meglio a morire, fuori dall’attenzione della politica, se non come puro costo da abbattere, generatore di sprechi, lusso che non ci potremmo permettere.
Se il cuore della #buona scuola sono gli insegnanti, il cuore della sanità migliore sono i suoi professionisti, ed i Medici in particolare, che oggi sembrano essere solo costi da tagliare, prima e più di altri, macchine banali prive di ruolo sociale, pur essendo capaci, per le loro competenze e conoscenze, di fare la differenza tra la vita e la morte, la salute e la malattia. Oggi il capitale umano della sanità vale quanto le azioni della Lehman Brothers dopo il 15 settembre 2008. Impoverito, da un punto di vista quantitativo e qualitativo, è appena sufficiente a mantenere le attività di base e rispondere alle (continue) emergenze, lavorando in condizioni sempre più gravose, per la contrazione numerica e l'invecchiamento progressivo, e rischiose per l'esposizione ad un crescendo insostenibile di responsabilità penali, civili, patrimoniali, oltre che professionali.
Dal canto loro, i giovani stazionano in un limbo post-lauream, senza poter completare la loro formazione, sospesi tra precariato stabile, nuovo ossimoro della lingua italiana, ed un caporalato 2.0. Dimenticati dalle politiche del lavoro del Governo, emigrano a causa del disagio del presente e della incertezza sul futuro. Una fuga sestuplicata negli ultimi 5 anni. Un singolare caso di trasformazione transfrontaliera, per cui un capitale umano che vale quanto i titoli spazzatura nel proprio Paese, diventa prezioso appena valica il confine. Un regalo ai vicini europei, i quali non si prendono più la briga di investire in formazione medica. La “supplentite” senza fine produce la precarietà professionale ed esistenziale, ben conosciuta per la scuola, ma ignorata per la sanità, che rimane esclusa da ogni ipotesi di soluzione. “Bisogna assumerli i precari, per non consentire che uno prima ancora di arrivare in una scuola (nel nostro caso, in un ospedale o in un presidio territoriale) abbia già perso tutti gli entusiasmi”. Bisogna assumerli, certo, anche quando questi precari sono medici o biologi, psicologi, fisici etc. perché ferie, maternità, malattia sono un diritto di tutti coloro che lavorano.
La sanità può contribuire a cambiare l’Italia, costituendo anche un formidabile volano per l’economia. A condizione di puntare sulla sua più grande risorsa restituendo valore al lavoro di chi, ad onta di blocchi di ogni tipo, tiene aperti i cancelli della “fabbrica”, senza giorni e notti di pausa, per tutelare lo stato di salute dei cittadini, a prescindere dalla loro residenza o dal loro reddito. Non si tratta di inventare la Buona Sanità, quanto di restituire centralità alla sanità pubblica e di trattare con più cura chi tutela la salute dei Cittadini.
Chiediamo, perciò, a tutti Voi, di volere, ognuno per la Istituzione che rappresenta, essere disponibile ad un confronto programmatico, in assenza del quale rimangono senza risposta le criticità sofferte ed evidenziate da Operatori e Cittadini, ed in letargo i processi, pur necessari ed urgenti, organizzativi e culturali di cambiamento del sistema sanità, mettendone a rischio la tenuta. Anche per rispetto ad una categoria che esercita la propria professione dopo un percorso formativo di lunghezza, complessità e rischiosità senza pari, superando concorsi pubblici e valutazioni periodiche, in condizioni sempre più difficili. Ed in considerazione della delicatezza della materia che tratta, la salute dei nostri cari e di noi stessi, il “capitale dei poveri”. Quella che, dicono, viene prima di tutto.
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Fonte: Quotidiano Sanità - 09 dicembre 2015