Il Patto per la Salute al capolinea? Molte delle sue promesse sono rimaste al palo
Tutti l'avevano definito un buon accordo anche se molto ambizioso. Ma dopo una partenza sprint (standard ospedalieri in testa) il Patto siglato a luglio 2014 è rimasto sostanzialmente inapplicato (niente nuovi Lea né nuovi ticket, per citare solo due esempi). Colpa anche dei tagli di agosto, ai quali potrebbero ora aggiungersi ulteriori sforbiciate con la nuova stabilità che farebbero crollare definitivamente l'impianto dell'accordo.
Era il 10 luglio 2014 quando Stato e Regioni sottoscrivevano il Patto per la Salute per il triennio (2014-2016). In ordine cronologico, il settimo accordo tra le due istituzioni dal 2000 ad oggi per la sanità (si chiamerà “Patto” solo dal 2006). Un’intesa di ‘rottura’, perché dopo anni di crisi con tagli di risorse per circa 30 mld e relazioni istituzionali ridotte al lumicino, il nuovo Patto aveva il merito di rilanciare finanziamento e programmazione attraverso la scrittura di linee d’indirizzo concordate tra le Istituzioni.
Un successo politico per tutti. Per il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin che vedeva anche premiata la ‘scelta’ del Premier Renzi di riconfermarla nel nuovo Governo, per le Regioni, guidate all’allora dall’ex governatore dell’Emilia Romagna, Vasco Errani, che oltre al ritrovato rapporto istituzionale con Palazzo Chigi, avevano ottenuto un cospicuo aumento di risorse.
E per il nuovo Esecutivo che poteva vantare di aver portato a casa un risultato in linea con lo slogan del ‘Fare’.
Un buon accordo, quindi, anche perché il piano di riforme era ambizioso: nuovi Lea, riforma dei ticket, cure territoriali, sanità digitale, nuovi standard ospedalieri, rilancio del ruolo delle professioni, sistema valutazione cure, monitoraggio Lea, piano cronicità, linee guida mobilità transfrontaliera, modelli di valutazione costo-benefici-efficienza per i farmaci, osservatorio sui dispositivi medici. Il tutto sotto lo sguardo della cabina di regia per il monitoraggio del Patto di cui, però, come per molte altre cose, si sono perse le tracce.
E sì perché alla prova dei fatti la sfida riformista di Lorenzin e Errani si è rivelata più ardua del previsto, anche in considerazione delle scadenze ristrette per l’attuazione delle misure. Entro il 31 marzo di quest’anno i 100 e più adempimenti previsti avrebbero infatti dovuto essere approntati. Ma i tempi, tranne rari casi, non sono stati rispettati e il Patto per la Salute a più di un anno di distanza si presenta con una media realizzativa bassissima.
E dire che si era partiti con piglio deciso con l’intesa sul regolamento sugli standard ospedalieri e il lavoro dei Tavoli tecnici iniziava a prendere forma. Poi è arrivata la legge di Stabilità, si sono tenute le elezioni in sette regioni sullo sfondo di una sofferta intesa sui tagli. Tutti elementi che hanno di fatto, occupato l’agenda dei primi 8 mesi dell’anno.
Così, dalla riforma dei ticket (che doveva essere pronta entro il 31 novembre 2014) ai nuovi Lea (Intesa Stato-Regioni entro il 31 dicembre 2014), passando per la riorganizzazione del territorio (ancora non sono state rinnovate le convenzioni con i medici di famiglia e pediatri per la definitiva costituzione delle nuove forme organizzative AFT e UCCP), solo per citare le più importanti, le riforme del Patto per la Salute sono al palo. In alcuni casi sono già pronte da tempo le intese e i decreti attuativi, ma il punto è che i testi non superano lo scoglio dell’approvazione definitiva.
Il Patto della Salute si presenta dunque a settembre come una delle sfide più ardue da sostenere, soprattutto per il Ministro della Salute, che ha più volte ribadito, come l’applicazione del Patto è la strada maestra da percorrere per riformare il sistema.
Ma tra le Regioni è ormai forte la voglia di risedersi al tavolo per ridefinire obiettivi e risorse del Patto (cosa tra l’altro consentita dall’articolo 30 del Patto visto che è stato modificato il finanziamento) dopo i tagli approvati ad inizio agosto che hanno praticamente annullato gli aumenti concordati solo un anno fa.
Qualora anche per il 2016 il Fondo sanitario (che dopo i tagli di 2,3 mld dovrebbe comunque scendere a 113,1 mld rispetto ai 115,4 mld previsti dal Patto) dovesse subire ulteriori decurtazioni sarebbe veramente difficile proseguire il dialogo sulle stesse basi che portarono alla firma del 10 luglio 2014.
Il presidente della Conferenza Sergio Chiamparino ha più volte ribadito come l’intoccabilità delle risorse per il 2016 è la condizione minima per andare avanti. Il Ministro Lorenzin, prima delle ferie, ha rassicurato che ulteriori tagli non sono accettabili. Ma il rischio è che la battaglia sia invece ancora una volta sulle risorse continuando a rendere il Patto per la Salute un contenitore sempre più vuoto.
Luciano Fassari
Fonte: Quotidiano Sanità - 27 agosto 2015