Sindacati all’attacco «Lavoro mal pagato nelle case di riposo»
A Mede l’ultima protesta. La Uil: «È un problema generale chiediamo che almeno assumano dove ci sono carenze».
Uno dei pochi lavori che non conosce crisi in Lomellina è quello dell'assistenza nelle strutture per anziani. In Lomellina ci sono circa 3mila persone ricoverate nelle case di riposo e circa 700 operatrici, tra Oss e ausiliarie, e chi gestisce le strutture sembra disposto ad assumerne altre. Ma non è tutto oro quello che luccica, perché il lavoro non è sempre ben pagato.
Spesso non si raggiungono i 1000 euro al mese pur lavorando anche nei festivi e di notte, mentre fino ad un decennio fa i contratti erano più ricchi e si avvicinavano ai 1400 euro netti mensili. Negli ultimi tempi a Mede, Gropello e Mortara ci sono state anche rivendicazioni sindacali per chiedere alle aziende più tutele ed organizzazioni del lavoro migliori. Si tratta di aziende private, ma nella maggior parte dei casi con nomine del consiglio d'amministrazione fatte da municipi e parrocchie.
Le ragioni di questa situazione le spiegano i sindacati. Nel 2003 una legge regionale ha cambiato l'ordinamento delle case di riposo e quelle pubbliche sono diventate di proprietà di fondazioni. Di conseguenza anche i contratti, che prima erano del pubblico impiego, hanno potuto subire delle modifiche. Uno dei contratti più usati era quello “Uneba”: 38 ore di lavoro settimanali a 1200 euro al mese circa. Un po' di meno di quello degli enti pubblici precedente. Negli ultimi anni però le fondazioni spesso hanno affidato interi reparti o turni (come quelli di notte) a cooperative esterne e gli stipendi sono calati ancora.
«Per abbassare i costi – spiega il sindacalista Uil Maurizio Poggi – le aziende si affidano sempre più spesso a cooperative esterne. Lavorare nelle case di riposo è sempre più pesante, anche perchè spesso ci sono carenze di personale, e quello che c’è, è meno pagato. Molti stipendi non arrivano a 1000 euro al mese». E i sindacati cosa possono fare? «Abbiamo le armi spuntate – dice Poggi –. Quattro lavoratrici su cinque hanno contratti penalizzanti e solo una ha un vecchio contratto. Gli stipendi non aumenteranno, ma chiediamo almeno di fare assunzioni dove gli organici sono carenti».
di Sandro Barberis
Fonte: La Provincia Pavese - 05 luglio 2015