Ridurre le Asl? In Parlamento “bocciano” l’idea di Renzi
Nella conferenza stampa di presentazione del Def sabato scorso, il premier Matteo Renzi ha sottolineato con particolare enfasi l’anomalia di Regioni che hanno 7 province e 22 Asl, evidenziando che è il momento di tagliare qualche “poltrona di manager”. Ha poi aggiunto che è ora di applicare i costi standard per far sì “che la famosa siringa costi la stessa cifra dalla Calabria alla Lombardia”.
Queste frasi hanno già provocato la netta replica del presidente del Veneto, Luca Zaia (la sua regione ha infatti 7 province e 21 Asl, non 22 come detto dal premier, ma il riferimento è apparso ai più comunque esplicito) e del presidente di Fiaso,Francesco Ripa di Meana. Ambedue hanno contestato le affermazioni di Renzi. Sulla stessa lunghezza d'onda anche il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha sminuito l'importanza di una riduzione delle Asl puntando piuttosto sulla loro buona gestione.
Sta il fatto che il premier abbia voluto caratterizzare la sua conferenza sul Def con questi esempi di “cose da tagliare” non può certo passare sotto silenzio. Da qui questo forum con alcuni esponenti politici e rappresentanti del mondo della sanità per sapere cosa ne pensano.
Fabiola Anitori (Area Popolare). "Bisogna evitare banalizzazioni. Problema non è numero delle Asl, ma chi le dirige"
“L'importante è formulare un ragionamento che sia in grado di distinguere in base alle peculiarità delle singole regioni, perché non è possibile applicare un’unica ricetta a tutte le realtà. Nel complesso il problema principale non è il numero delle Asl, ma chi le dirige”. La priorità è garantire che “i dirigenti siano scelti effettivamente su logiche meritocratiche e verificando attentamente le capacità manageriali. Il ragionamento va quindi impostato su parametri di carattere organizzativo, che sono le vere leve in grado di portare risparmi. Bisogna però evitare di banalizzare, affermando che ridurre le aziende sarebbe la panacea di tutti i mali. Mi sento perfettamente in linea con quanto affermato dal ministro: il salto di qualità è legato alla qualità della selezione. Senza dimenticare che, in alcuni territori, la chiusura delle Asl può generare problemi enormi”.
Per quanto concerne i costi standard Anitori sottolinea che “in sanità ci sono troppe centrali di acquisto, iniziamo a diminuirle. In questo modo si ridurrebbe il divario, davvero eccessivo, che divide Nord e Sud. Un’idea potrebbe essere quella di puntare su centrali di acquisto per macro aree geografiche, che inglobino quindi anche più regioni. In sostanza serve un maggior grado di collaborazione tra le varie amministrazioni”. L’esempio delle siringhe, "come ha sottolineato anche il ministro Lorenzin, è un falso problema perché già risolto. Si è trattato di una annosa piaga per la sanità italiana, che dopo tanti anni solo il ministro è riuscita a risolvere. In più è importante anche un altro aspetto: non è detto che acquistare un bene a un prezzo inferiore sia sempre un vantaggio; l’importante è valutare la qualità del prodotto.Se per esempio si comprano cerotti poco efficaci, sarà necessario – conclude - utilizzarne in quantità maggiore: in questo caso la convenienza verrebbe meno sotto tutti i punti di vista”.
Nerina Dirindin (PD): “Basta alimentare equivoci su facili risparmi”
“Il richiamo estemporaneo a fatti circoscritti e non sufficientemente approfonditi rischia solo di creare incertezze e confusione”. Questo il primo commento della capogruppo Pd in commissione Sanità del Senato, riguardo alle dichiarazioni del Premier Renzi. Per quanto riguarda la questione delle Asl, secondo Dirindin “il vero interesse è capire se i servizi funzionano e se si rispettano i vincoli di bilancio. L'idea che riducendo il numero delle Asl si risparmino poltrone e ottengano importanti contenimenti di spesa è un fraintendimento”. Per Dirindin è inoltre “bene smettere di richiamare la storia delle siringhe che hanno prezzo diverso da ospedale a ospedale, perché non abbiamo i dettagli per capire se in effetti i due prezzi siano confrontabili. Anzi, sarebbe ora che fossero resi pubblici tutti i dati raccolti dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Inoltre, credo che i dati sul confronto dei costi debbano essere utilizzati per creare una cultura del confronto e dell’efficienza, e non sbandierati come strumenti politici”. Quanto agli strumenti per risolvere le differenze ingiustificate, “molto è già stato scritto su cosa si deve fare, l’importante è che ora si facciano”.
Benedetto Fucci (FI): “Da Renzi messaggi facili su questioni in realtà molto complesse da affrontare”
“Dietro agli apparenti lustrini di un dinamismo e di una apparente capacità di rinnovamento propri di un presidente del Consiglio giovane e tanto vitale, nel DEF e nei programmi pur così vagamente annunciati da Renzi sulla sanità si nasconde un modo di fare politica vecchio e inadatto a offrire ai cittadini miglioramenti reali”. Questo il primo commento di Benedetto Fucci, capogruppo di Forza Italia nella Commissione Affari Sociale della Camera. “Quella dei tagli alle ASL in base a criteri francamente non chiari – secondo Fucci -, è una questione vecchia che molti Governi hanno detto di voler affrontare ma senza effetto. La realtà è che i tagli fatti con l’accetta non solo sono difficili da realizzare, perché una volta fatte le dichiarazioni alla stampa bisogna andare a decidere quali territori toccare e quali no, ma anche inefficaci. Certamente vi sono molti aspetti dell’attuale gestione sanitaria da rivedere, ma per farlo non ha senso puntare a criteri quantitativi – ovvero quante ‘poltrone’ tagliare – mentre è necessario guardare alle esigenze di salute e di offerta di servizi ospedalieri dei singoli territori. Inoltre le Regioni hanno oggi ampia autonomia gestionale nel comparto sanitario. Come ho avuto modo di affermare nello scorso dicembre alla Camera, durante l’esame della Legge di stabilità, il governo in carica punta su una generica politica di tagli che sembra non rispondere ad alcuna programmazione e che, in ultima istanza, penalizza i cittadini. In base a queste considerazioni la mia risposta alla sua domanda è che Renzi non mi convince perché da un presidente del Consiglio mi attenderei ricette organiche e programmi seri invece di proclami (a dire il vero neanche tanto nuovi)”.
Quanto alle osservazioni di Renzi sui differenti costi delle ormai celebri “siringhe”, Fucci evidenzia “le contraddizioni stridenti del governo in carica: da un lato Renzi ha portato questa posizione; dall’altra il suo Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, lo ha sostanzialmente smentito in riferimento alle normative già in vigore sulle centrali uniche di acquisto. Come spesso accade, Renzi semplifica le cose e affronta discorsi molto seri con toni da campagna elettorale permanente. Lancia messaggi “facili” su questioni in realtà molto complesse da affrontare. Tutto questo – conclude Fucci - ci aiuta a capire perché in realtà, una volta programmati i tagli di rito alla sanità ma senza chiarezza su quale impatto questi avranno sui cittadini, l’Italia rischi oggi di perdere l’occasione di razionalizzare e rendere più organizzato, ma in modo intelligente e con una progettualità seria, il Servizio sanitario nazionale”
Giulia Grillo (M5S): "Il problema non è il numero delle Asl ma il meccanismo con cui si scelgono i direttori generali"
"Si tratta della solita frase spot, da parte di un governo spot, che denota scarsa conoscenza e scarsa progettualità. Scarsa conoscenza perché il Presidente del Consiglio dovrebbe sapere che la Regione Veneto, che è appunto la regione con 7 province e 22 Asl, è una delle cinque regioni benchmark per l’elaborazione dei costi standard, quindi una delle regioni con il miglior Servizio Sanitario Regionale. Una gaffe politica che peserà anche sulla campagna elettorale di Alessandra Moretti, già in difficoltà. Scarsa progettualità perché non si contengono i costi con la riduzione delle Asl, visto che si possono avere molte Asl e al contempo efficienza dei servizi e costi contenuti, come dimostrato dal caso del Veneto". Questa la risposta del capogruppo in commissione Affari Sociali del M5S alle parole del premier.
"Soprattutto - ha proseguito Grillo - non può essere sempre la sanità a pagare per scelte di un Governo miope che si ostina ad investire in settori improduttivi come trivellazioni e inceneritori, invece di puntare su opere di ristrutturazione (magari crollerebbero meno autostrade e meno scuole), manutenzione e contro il dissesto idrogeologico. Se il Pil crescesse la nostra sanità sarebbe perfettamente sostenibile visto che, in termini di spesa sanitaria pro capite, siamo al di sotto della media Ocse con un trend in discesa mentre, in termini di aspettativa di vita, siamo invece al di sopra della media OCSE. Ciò significa che spendiamo meglio di altri Paesi e, soprattutto, che l’universalità del nostro Servizio Sanitario Nazionale è il nostro fiore all’occhiello, anche in termini di impatto sulla salute complessiva della popolazione. Parlando di poltrone, anche qui il premier sbaglia di grosso. Non è il numero il problema ma il meccanismo con cui vengono scelti i direttori generali. Un meccanismo che non esageriamo a definire tribale visto che si basa sul potere (intuitu personae) che ha il grande capo (il Presidente della Regione) nello scegliere i direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere. Stiamo parlando di manager che spesso acquisiscono il titolo specialistico in formazione manageriale solo dopo la loro nomina. Una “specialità”, questa, tutta italiana di cui vogliamo la modifica e, in tal senso, il il M5S ha depositato un’apposita Proposta di Legge già ad inizio legislatura".
Passando poi ai costi standard, Grillo ha commentato: "L’esempio della siringa è ormai diventato una chiacchiera da bar. Piuttosto, dovremmo fare esempi come quello dei cacciavite nel reparto di chirurgia plastica di Villa Santa Sofia, a Palermo, che invece sono costati 5000 euro cadauno. Il punto è un altro e sia Renzi sia Lorenzin continuano a ignorarlo: si chiama corruzione in sanità. Ci costa da un minimo di 2 miliardi (si veda l’ultimo rapporto della Guardia di Finanza) ad un massimo di 6 miliardi l’anno (rapporti Ispe e TrasparencyInnternational) e non si identifica con la semplice mazzetta ma con un insieme di atti illeciti, illegittimi, fortemente pervasivi che andrebbero studiati e debellati con azioni mirate ed efficaci. Per questo abbiamo presentato una proposta di legge con la quale chiediamo di istituire una commissione d’inchiesta sulla corruzione in sanità, di cui chiederemo la calendarizzazione nel prossimo ufficio di presidenza nella commissione Affari Sociali della Camera".
Marisa Nicchi (Sel) "Problema non è certo operare una cieca riduzione delle Asl. Si rischia una semplificazione che abbassa qualità servizi"
"L’uscita del Premier sulle Asl da ridurre - attacca - si va ad aggiungere a un elenco infinito di spot con il quale sta caratterizzando la sua Presidenza. Ferma restando, ovviamente, l’assoluta necessità di ridurre sprechi, diseconomie e sovrapposizioni di poltrone proliferate dal malcostume e di separare nettamente la politica dalla gestione, il problema non è certo quello di operare alla cieca una riduzione delle Aziende sanitarie. Sono scorciatoie parolaie. Penso a ciò che avviene in Toscana dove è evidente solo un' idea di accentramento istituzionale che penalizzerà il lavoro, i territori, soprattutto i piccoli comuni, che rischiano di non contare più nulla all’interno del governo e della programmazione sociosanitaria e vedranno allontanare sempre più le decisioni di politica sanitaria dai bisogni del territorio dove invece si dovrebbero incrementare politiche di produzione di salute".
Per Nicchi il punto da aggredire è un altro: "quello di garantire in maniera uniforme su tutto il nostro territorio nazionale l’appropriatezza delle prestazioni. Investire oggi sulla prevenzione, l’assistenza domiciliare e territoriale, e sulla razionalizzazione delle reti ospedaliere è il modo più efficace e virtuoso che può davvero consentire nel prossimo futuro importanti risparmi al Ssn salvaguardando il diritto alla salute e dunque evidenti benefici alla collettività. Bisogna uscire dal paradigma dei tagli ed entrare in quello della qualità. In questi ultimi anni, il nostro paese è diventato più diseguale sul piano della garanzia delle cure, con territori periferici che negli anni si sono visti sottrarre servizi, tagliare prestazioni sanitarie e sociali, depauperare il sistema di protezione sociale. Con un sistema di prevenzione sempre più impoverito". Le Asl in realtà debbono garantire, sottolinea, "una complessità di prestazioni e qualsivoglia semplificazione non può cancellarle pena la perdita di qualità dei servizi. E' comunque un processo che deve essere partecipato e condiviso non comandato dall'alto, penalizzando il lavoro che anche nella sanità è investito dalla deregolazione e dalla svalorizzazione. Basta la demagogia, il diritto alla salute è la questione più importante".
Per quanto riguarda le parole del premier sui costi standard, Nicchi ritiene che nella Conferenza stampa di presentazione del Def, "al Presidente Renzi interessasse di più lanciare degli slogan efficaci e di facile presa sull’opinione pubblica, che parlare della realtà. Troppo complessa. Sulla sanità, quale occasione migliore che riproporre lo stanco esempio della siringa che costa 10 in una Asl e 50 in un’altra? In realtà, bene o male che se ne pensi, la razionalizzazione attraverso l’applicazione dei costi standard e dei ‘prezzi di riferimento’ è stata da tempo avviata, fin dal decreto 95/12 sulla spending review".
A proposito di risparmi, osserva, "ci si è guardati bene dal ricordare, per esempio, che lo stesso decreto 95/12, aveva previsto una razionalizzazione della rete ospedaliera favorendo l'assistenza residenziale e domiciliare. Ebbene a quasi tre anni da quel decreto non è stato ancora emanato il regolamento che doveva fissare gli standard relativi all'assistenza ospedaliera. Lo schema di regolamento che il governo aveva predisposto e inviato al Consiglio di Stato, è stato da questi ‘bocciato’ il 6 novembre scorso, che ne ha chiesto la sua completa riscrittura. Così come la revisione dell’attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco, prevista anch’essa dal decreto 95/12, e che sarebbe dovuta essere definita con decreto interministeriale entro l’ottobre 2012. Del decreto ancora non vi è traccia alcuna. Ma di che parliamo?"
In generale il tema dei costi standard, se applicabili alla siringa o all’acquisto di determinati beni e servizi, "mostra tutti invece i suoi limiti laddove ci si scontra con l’appropriatezza delle cure e dell’assistenza. E’ impossibile pensare di standardizzare gran parte delle complesse spese che fanno capo alla sanità. Questo chiaramente non significa che non sia necessario monitorare e verificare come vengono utilizzate dalle regioni le risorse per l’erogazione, per esempio, di servizi e di percorsi assistenziali, anche al fine di poterne migliorare la loro qualità ed efficacia. Quando - conclude - si è di fronte ad un percorso di cura di un malato, non è però pensabile ragionare in termini di scostamenti tra le risorse impiegate e la validità della cura medesima".
Pierpaolo Vargiu (SC): "Ridurre le Asl per scardinare politica dei piccoli califfati autonomi"
"Sono assolutamente d'accordo. La riduzione del numero delle Asl permette di scardinare la politica dei piccoli califfati autonomi, consentendo economie di scala su acquisti e gestione del personale e, più ancora, permettendo di programmare l'offerta dei servizi sanitari e la qualità della risposta su bacini d'utenza più adeguati per dimensioni geografiche e quantità di popolazione". Così il presidente della commissione Affari Sociali commenta le parole di Renzi sull'auspicata riduzione delle Aziende sanitarie per ottenere nuovi risparmi di spesa.
Quanto poi all'applicazione dei costi stardard: "I costi standard sono un ottimo slogan che - per avere senso concreto - deve essere calato nella realtà. È evidente che la stessa siringa deve costare lo stesso prezzo in qualsiasi regione italiana. Ma è altrettanto evidente che il funzionamento standard del 118 avviene con costi diversi in una grande città rispetto ad un'area di montagna o a bassa densità di popolazione. Per cui, dopo aver accettato le buone intenzioni di chi propone i costi standard, è indispensabile iniziare a separare le pere dalle mele", ha concluso Vargiu.
Fonte: Quotidiano Sanità - 15 aprile 2015