L'Ocse valuta la sanità italiana. Qualità buona, spesa contenuta, personale adeguato
Garantire che gli sforzi in atto per contenere la spesa in campo sanitario non vadano a intaccare la qualità quale principio fondamentale di governance. E, allo stesso tempo, sostenere le Regioni e Province Autonome che hanno una infrastruttura più debole, affinché possano erogare servizi di qualità pari alle regioni con le performance migliori, garantendo un approccio più solido e ambizioso al monitoraggio della qualità e al miglioramento a livello di sistema.
Queste le principali sfide che attendono la sanità italiana, indicate dall’Ocse per il nostro Paese. L'analisi è contenuta nella ‘Revisione Ocse sulla qualità dell’assistenza sanitaria in Italia’, frutto di un lavoro di indagine e ricerca avviato da un progetto del 2012 finanziato dal ministero della Salute ed elaborato dalla Divisione Salute dell’Ocse di Parigi, con la collaborazione di Agenas e della Direzione Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute.
Lo studio, presentato oggi a Roma alla presenza del Ministro Beatrice Lorenzin, mette subito in evidenza quelli che sono gli aspetti positivi del Ssn individuati nel documento. Emergono in primis gli indicatori di esito, qualità ed efficienza che risultano uniformemente notevoli. L’aspettativa di vita, 82.3 anni, è la quinta più alta tra i Paesi Ocse. I tassi di ricovero per asma, malattie polmonari croniche e diabete (indicatori di qualità delle cure primarie) sono tra i migliori e quelli di mortalità a seguito di ictus o infarto (indicatori di qualità dell’assistenza ospedaliera) sono ben al di sotto della media.
L’assistenza è buona ed è erogata ad un prezzo contenuto, pari a 3.027 dollari pro capite. L’Italia spende, infatti, molto meno dei Paesi limitrofi quali Austria (4.593), Francia (4.121) e Germania (4.650). Il sistema delle cure primarie ha tradizionalmente fornito un’assistenza primaria di alta qualità, come dimostrato da indicatori di qualità quali il ricovero ospedaliero evitabile; i livelli di soddisfazione del paziente sono anch’essi alti. L’Italia ha compiuto, sottolinea lo studio, un passo importante verso il maggiore coordinamento e l’integrazione dell’assistenza con la Legge Balduzzi (n.189/2012), che incoraggia la creazione di reti di assistenza territoriale. E il personale sanitario offre, nel complesso, un’assistenza di alta qualità.
L'Ocse apprezza poi il contesto e il quadro istituzionale di assetto di cui si è dotato il sistema: il Patto per la Salute, i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), il Sistema Nazionale di Verifica e Controllo sull’Assistenza Sanitatia (SIVeAS), il Programma Nazionale per la Promozione Permanente della qualità nel Servizio Sanitario Nazionale (PROQUAL); l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). A queste iniziative si aggiungono: il Sistema Nazionale per le Linee Guida per rendere facilmente accessibili le linee guida per la pratica clinica; l’Osservatorio Nazionale Buone Pratiche nel 2008 per migliorare la sicurezza del paziente, che è un eccellente dimostrazione del ciclo Plan-Do-Study-Act, considerato a livello internazionale come un modello di successo da emulare; la Conferenza Unificata tra Stato, Regioni, Comuni ed Enti Locali, come meccanismo mirato a garantire uniformità di approccio alla misurazione e al miglioramento della qualità tra le Regioni e le Province. L’Italia possiede un ampio numero di ricchi database nazionali e regionali e numerosi registri dei pazienti che contengono informazioni sulla qualità e sugli esiti dell’assistenza sanitaria. La creazione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) è stata un passo importante per utilizzare al meglio questi dati: un obiettivo chiave è stato standardizzare il tipo e il formato dei dati raccolti nei sistemi sanitari regionali italiani.
Ma ovviamnete le criticità non mancano. Filo conduttore risiede nelle difficoltà a migliorare la qualità e la riorganizzazione del sistema che hanno così assunto un ruolo secondario quando la crisi economica ha iniziato a colpire. E, all’interno di questo quadro, il risanamento delle finanze è divenuto priorità assoluta, nonostante i bisogni in fatto di salute evolvano rapidamente. Per esempio, ricorda lo studio, gli indicatori relativi a demenza, numero di anni di vita in buona salute e limitazioni nelle attività quotidiane dopo i 65 anni sono peggiori rispetto alle medie Ocse e il tasso di bambini in sovrappeso è tra i più alti dell’area Ocse.
L’Italia deve, infatti, confrontarsi con un crescente invecchiamento della popolazione ed un aumentato carico delle patologie croniche, che probabilmente si tradurranno in aumentati costi dell’assistenza ed ulteriore pressione sul settore delle cure primarie. Tuttavia il progresso verso un modello di sistema sanitario in cui la prevenzione e la gestione di tali patologie siano in primo piano è piuttosto lento e i servizi per l’assistenza di comunità, a lungo termine e di prevenzione sono poco sviluppati rispetto agli altri Paesi Ocse. A testimonianza di ciò il fatto che l’Italia spende meno di un decimo di quanto spendono Olanda e Germania per la prevenzione e che presenta la più bassa percentuale di operatori per l’assistenza a lungo termine osservabile nei Paesi dell’Ocse, in rapporto alla popolazione con 65 anni di età e oltre.
Nel complesso, rileva l’Ocse, Il sistema sanitario italiano è stato tradizionalmente caratterizzato da un alto livello di frammentazione e mancanza di coordinamento dell’assistenza erogata dai diversi professionisti. Il coordinamento delle cure e l’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale sono caratterizzati da una bassa e disomogenea diffusione sul territorio nazionale. A preoccupare soprattutto l’osservazione che la spesa sanitaria nelle Asl appare ancora predominantemente diretta a tipi tradizionali di servizi di cure primarie, quali medici individuali, con una piccola spesa allocata a servizi per pazienti fragili o quelli con condizioni croniche.
Sotto un profilo strutturale, L’Italia è un paese molto eterogeneo, sia dal punto di vista sociale che economico: la PA di Bolzano ha un PIL pro capite di 39.170 dollari e un tasso di disoccupazione del 4,1%, la Campania ha un PIL pro capite di 17.120 e un tasso di occupazione del 19.39%. Tale eterogeneità si riflette nel sistema sanitario. Malgrado i tentativi di armonizzazione, osserva l’Ocse, le differenze regionali in termini di qualità dell’assistenza rimangono significative. La percentuale di pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica entro 48 ore dall’infarto varia da ~15% nelle Marche, Molise e Basilicata a ~50% in Valle d’Aosta e Liguria.
Le differenze all’interno delle Regioni sono ancor più marcate: lo stesso indicatore varia da ~5% a oltre il 60% se disaggregato a livello di ASL. La mortalità a 30 giorni a seguito di infarto, disaggregata a livello di ASL, varia da ~5% al 18%, con una media nazionale del 10%. Il numero di ricoveri ospedalieri per bronco pneumopatia cronica ostruttiva è più basso in Piemonte (1,51 per 1000 abitanti, corretto per età e sesso) e nella PA di Trento (1,55), e più alto in Puglia (3,84), Campania (3,13) e Basilicata (3,07). Lo stesso dicasi per l’asma infantile, che vede Toscana (0,21 per 1000 abitanti, corretto per età e sesso), Veneto (0,23) e Valle d’Aosta (0,25) registrare il numero più basso di ricoveri, e Sicilia (0,95), Abruzzo (0,82) e Sardegna (0,74) i più alti.
Emergono quindi enormi differenze tra e entro Regioni e Province nelle modalità e negli strumenti di gestione della performance del sistema sanitario e nei modelli di accreditamento. Ciò rende difficile il confronto con gli standard nazionali e limita la responsabilità del provider nei confronti dell’utente. Secondo l’Ocse, le riforme costituzionali del 2001 hanno contribuito a creare 21 sistemi sanitari regionali, con differenze notevoli sia per quanto riguarda l’assistenza che gli esiti. E’ elevato il numero di pazienti che si spostano da regione a regione per ricevere assistenza sanitaria, con le realtà settentrionali che figurano come importatori netti.
Le iniziative nazionali volte al miglioramento della qualità dell’assistenza non vengono applicate in maniera omogenea a livello regionale. Allo stesso tempo, si nota uno scarso coordinamento da parte delle agenzie centrali delle diverse attività regionali connesse alla qualità e sono poco sviluppate o mancano del tutto alcune strategie chiave relative alla qualità. L’Ocse ricorda poi che la professione medica continua a basarsi sull’abilitazione e su sistemi di educazione continua in medicina relativamente poco impegnativi a confronto di altri Paesi.
E’ scarsa l’attenzione prestata ai meccanismi per la promozione della qualità del personale sanitario, quali la ri-certificazione o la revisione tra pari come parte di uno Sviluppo Professionale Continuo e non si rileva alcun nesso tra la valutazione delle performance dei singoli operatori e l’accreditamento ECM.
Tra le altre criticità individuate, i sistemi di pagamento che non sempre premiano i miglioramenti nell’assistenza clinica o negli esiti. L’infrastruttura informativa è insufficientemente sfruttata a causa di una debole capacità di collegamento dei dati ed un uso limitato della cartella clinica elettronica/fascicolo sanitario elettronico. Gli attuali indicatori relativi all’assistenza primaria e territoriale non sono sufficienti a fornire un quadro completo dell’efficacia, della sicurezza e della centralità del paziente in questo settore.
Altre difficoltà sono legate a una carenza di informazioni sulla qualità orientata al paziente e sulla qualità dell’assistenza effettivamente erogata. Non vi sono, ad oggi, rilevazioni di indicatori di qualità o di esito a livello del singolo professionista. E, in generale, la diffusione delle informazioni sulla performance dei fornitori di cura resta sottoutilizzata come potenziale guida per il miglioramento continuo della qualità. In generale in Italia le buone intenzioni di policy non sono accompagnate da meccanismi adeguati che ne assicurino l’implementazione.
L’Ocse propone quindi alcune raccomandazioni per il miglioramento della qualità in Italia. La priorità deve essere passare da un sistema che assegna priorità al controllo di bilancio, ad uno che dà eguale priorità alla qualità. Incentivi finanziari e informativi devono essere allineati con i risultati e la qualità della cura ed è necessario un approccio più omogeneo al monitoraggio e allo sviluppo della qualità attraverso tutto il Paese.
Rafforzare la governance della qualità nell’assistenza sanitaria:
• Assicurando una applicazione più omogenea a livello regionale delle iniziative nazionali per la qualità, in particolar modo riguardo accreditamento e requisiti minimi. La creazione di un ispettorato sanitario nazionale potrebbe fornire a questa funzione una base sicura.
• Considerando ulteriori risorse per incoraggiare l'uso di linee guida per la qualità a livello regionale. Il rafforzamento della capacità del Sistema Nazionale Linee Guida nel diffondere le linee guida e monitorare il loro impatto supporterà la loro implementazione.
• Consolidando ed estendendo l’infrastruttura informativa del servizio sanitario. In particolare, espandendo l’insieme di indicatori raccolti nella Griglia LEA e facendo un migliore uso degli indicatori del PNE nella contrattazione con gli erogatori di assistenza sanitaria.
• Valorizzando i dati attualmente esistenti superando le difficoltà nel collegamento dei dati attraverso i database. E’ necessario produrre una standardizzazione delle procedure per l’approvazione del collegamento e dell’analisi dei dati sanitari e per la diffusione delle migliori pratiche nel trattamento dei dati personali.
• Aumentando le possibilità per i pazienti e per il pubblico di fare un uso dei dati di qualità e di essere coinvolti nelle procedure di valutazione della qualità dell’assistenza sanitaria. In particolare, è necessario realizzare indagini sulla soddisfazione del paziente in maniera estesa e sistematica.
• Proseguendo il lavoro eccellente sulla sicurezza del paziente che l’Italia ha già iniziato. E’ necessario stabilire obiettivi nazionali, sostenuti da campagne mirate volte a cambiare la pratica assistenziale a livello di reparto e clinico.
Migliorare la qualità dei servizi di cure primarie ed assistenza territoriale:
• Rafforzando l’infrastruttura informativa per supportare la qualità dell’assistenza primaria e territoriale, ad esempio attraverso la raccolta di indicatori relativi alla gestione delle cronicità, al coordinamento tra i diversi livelli di cura o all’esperienza del paziente con le nuove reti territoriali e forme associative dei medici di base.
• Ampliando le reti per l’assistenza territoriale e gli ospedali di comunità su tutto il territorio nazionale, attraverso l’erogazione di risorse finanziarie, lo sviluppo di linee guida per la messa a punto di tali servizi di comunità o per il supporto organizzativo volto ad incoraggiare l’adozione di chronic care model.
• Mettendo a punto sistemi di pagamento più ingegnosi e articolati capaci di premiare la qualità, l’attività o il raggiungimento di obiettivi nazionali attraverso la formula di compenso a prestazione (fee-for-service). Specifica attenzione dovrebbe essere diretta verso strategie preventive, gestione efficiente delle malattie croniche e miglior coordinamento delle cure erogate.
• Incoraggiando l’aderenza alle linee guida cliniche attraverso incentivi finanziari e informativi (ci sono esempi chiave per imparare dai Paesi OCSE, quali il Regno Unito, dove l’introduzione di incentivi finanziari ha avuto effetti positivi sull’aderenza da parte dei MMG, portando miglioramenti in tutta una serie di indicatori relativi alla prevenzione secondaria e alla gestione delle patologie croniche). Produrre linee guida relative all’assistenza agli anziani, ai pazienti che presentano multi-morbosità e al coordinamento delle cure per meglio rispondere alle sfide lanciate dai cambiamenti demografici ed epidemiologici.
• Migliorando il ruolo svolto dagli erogatori di cure primarie nella prevenzione primaria e secondaria. Rappresentano possibili opzioni da considerare lo sviluppo di programmi formativi in materia di prevenzione e diagnosi precoce attraverso programmi di Educazione Continua in Medicina (ECM), e investire maggiormente nella forza lavoro infermieristica.
• Sviluppando standard nazionali per l’assistenza primaria e ampliando il focus del nuovo programma di accreditamento nazionale ai servizi di assistenza primaria e territoriale, includendo il nuovo insieme di reti per l’assistenza territoriale e di ospedali di comunità.
Migliorare la formazione medica per rafforzare la qualità del personale sanitario italiano:
• Considerando se le procedure di accesso alla facoltà di medicina, gli esami per l’abilitazione e lo spostamento verso scuole specialistiche siano utili a promuovere le qualità, quali comunicazione, lavoro di squadra, auto-analisi della propria attività e competenze, richieste al personale sanitario italiano che lavora oggi nel sistema
• Incoraggiando le scuole di medicina a promuovere un insegnamento e metodi di apprendimento di elevata qualità, allontanandosi dagli approcci didattici tradizionali ed esplorando metodi di apprendimento attivi e partecipativi.
• Massimizzando l’impatto positivo dell’ECM attraverso la promozione delle attività ECM che corrispondano alle competenze richieste agli operatori e alle lacune nella loro pratica corrente. Considerando di introdurre forme più moderne di garanzia della qualità del personale, inclusa la ri-certificazione, che prevede valutazioni più rigorose, quali una valutazione completa fra pari, e stimola i professionisti a riflettere sui propri punti di forza e debolezza.
• Esplorando le possibilità per l’introduzione, a livello di professionista sanitario e di prestazione erogata, di indicatori di qualità ed esito, che possano aiutare i clinici a riflettere e a migliorare la propria pratica assistenziale, se questi sono incoraggiati e supportati nel riflettere sui loro risultati in maniera produttiva.
Migliorare la qualità e gli esiti dell’assistenza nelle R&PA con una performance più bassa:
• Sviluppando un approccio più omogeneo in tutte le R&PA nell’utilizzo delle informazioni per gestire la performance e rafforzare la responsabilità (accountability) a livello locale. I temi chiave da affrontare sarebbero il livello di utilizzo dei metodi di misurazione della performance nella contrattazione con ospedali, altri fornitori ed i loro comitati di gestione, e l’estensione per cui tali metodi sono disponibili per un esame pubblico e un confronto aperto.
• Lavorando per una infrastruttura informativa meno frammentata a supporto del sistema sanitario italiano, magari attraverso la creazione di una unica organizzazione nazionale per l’informazione sanitaria per raccogliere, analizzare, e diffondere le misurazioni del sistema sanitario.
• Assicurando che l’allocazione delle risorse regionali abbia un focus sulla qualità, e sia collegata ad incentivi per il miglioramento della qualità. Questo potrebbe essere realizzato assicurando che per ogni contributo finanziario ci sia una componente dedicata alla valutazione di impatto, ovvero risorse specifiche finalizzate ad estendere l’infrastruttura o il personale per il miglioramento della qualità, oppure facendo in modo che l’erogazione di parte o di tutto il contributo, sia condizionata al raggiungimento di determinati obiettivi o all’implementazione di nuovi processi.
• Ricorrendo a modelli innovativi di allocazione delle risorse messi a punto in altri Paesi per garantire che l’allocazione sia commisurata al meglio possibile ai bisogni tali risorse e, quando appropriato, premi la qualità.
• Monitorando l’impatto del consolidamento finanziario e dell’introduzione di meccanismi di compartecipazione alla spesa (co-payment), sulla salute degli individui e delle comunità vulnerabili.
Rafforzare l’approccio regionale alla governance e alla erogazione dell’assistenza sanitaria in Italia:
• Sviluppando le responsabilità e le capacità delle autorità nazionali il cui ruolo è supportare le R&PA. In particolare, si potrebbe considerare l’opportunità di sviluppare con maggior dettaglio il ruolo di Agenas, modellandolo su organizzazioni equivalenti in altri paesi quali Danske Regioner in Danimarca e Kommunesektorens organisasjon in Norvegia.
• Allo stesso tempo, essendo costantemente allerta verso ogni tensione e inefficienze che possano insorgere come risultato di un sistema di governo multi-livello. In particolare, deve essere individuato ed affrontato ogni eventuale vuoto di responsabilità, informazioni, competenze o finanziamenti.
• Re-inquadrando la governance nel complesso in modo tale che il miglioramento della qualità sia enfatizzato tanto quanto il controllo finanziario attraverso tutti i livelli di governo. Il Ministero della Salute dovrebbe considerare di approfondire ed estendere l’insieme di indicatori monitorati attraverso la Griglia LEA. A livello regionale, si dovrebbero concordare piani di miglioramento della qualità con obiettivi specifici e tappe intermedie.
Infine, un giudizio positivo viene espresso in merito al Patto per la Salute che contiene diversi indirizzi, per cui sono previste specifiche attività con scadenze a breve termine, che rispondono alle raccomandazioni Ocse:
• aggiornamento dei LEA in attuazione dei principi di equità, innovazione ed appropriatezza e nel rispetto degli equilibri programmati della finanza pubblica (art. 1, comma 3)
• riparto del finanziamento del SSN a cui concorre lo Stato effettuato anche tenendo conto del trend di miglioramento per il raggiungimento degli standard di qualità (art. 1, comma 2)
• predisposizione da parte del Ministero di un documento di proposte per la Conferenza SR per implementare un sistema adeguato di valutazione della qualità delle cure e dell’uniformità dell’assistenza sul territorio nazionale ai fini del monitoraggio costante dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi (art. 1, comma 8)
• aggiornamento degli obiettivi, struttura e funzionamento del sistema di garanzia per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria (art. 10, comma 7)
• adozione del regolamento degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera (art. 3, comma 1)
• stipula dell’Intesa Stato-Regioni sugli indirizzi per realizzare la continuità assistenziale dall’ospedale al domicilio del paziente (art. 3, comma 2)
• definizione di un documento di indirizzo per individuare i criteri di appropriatezza di utilizzo dei vari setting riabilitativi (art. 3, comma 3)
• individuazione e condivisione in Conferenza Stato-Regioni di strumenti di valutazione della soddisfazione del paziente e della qualità percepita, omogenei sul territorio nazionale (art. 4, comma 4)
• riorganizzazione dell’assistenza territoriale, con l’istituzione delle Unità Complesse di Cure Primarie e le Aggregazioni Funzionali Territoriali, comprese la definizione, nell’ambito dell’NSIS, di un sistema di monitoraggio delle prestazioni erogate e di un sistema di codifica delle prestazioni omogeneo sul territorio nazionale (art. 5)
• predisposizione da parte del Ministero del “Piano nazionale delle cronicità” (art. 5, comma 21)
• impegno delle regioni nella definizione e attivazione delle reti integrate dei servizi sociosanitari (art. 6)
• aggiornamento del sistema di monitoraggio, supporto, verifica, e rafforzamento dei servizi sanitari regionali (art. 12)
• definizione del “Piano di Evoluzione dei Flussi NSIS” come strumento di programmazione degli interventi di aggiornamento e sviluppo sui sistemi informativi (art. 15).
Fonte: Quotidiano Sanità - 15 gennaio 2015