Riforma sanità lombarda. Intervista a Fabio Rizzi: "Sanità e Sociale marceranno insieme"
La bozza della riforma sanitaria lombarda è già stata approvata in Giunta regionale il 23 dicembre scorso, ma senza i voti degli assessori del Ncd. Fabio Rizzi, presidente della Commissione regionale 'Sanità e Politiche sociali', tra i protagonisti della riforma fortissimamente voluta dal presidente Roberto Maroni, confida comunque che "lo strappo possa essere ricucito; con il confronto nel merito e sui contenuti, senza pregiudizi ideologici". Il nuovo impianto sarà affidato a una regia unica, che sia in grado di "subentrare a quella carenza di autoprotezione della famiglia ed alla riduzione della capacità d’intervento, a causa dei ripetuti tagli ai bilanci, da parte degli Enti Locali".
La nuova Agenzia regionale di controllo procede nell'ottica "della separazione tra programmazione, erogazione e controllo, per garantire la massima qualità, terzietà e trasparenza". Il dualismo tra Asl e Aziende Ospedaliere sarà superato con l'introduzione delle future Assl, che diventeranno Agenzie, cui spetterà il compito della programmazione e della contrattualizzazione di tutte le realtà, pubbliche e private". Altra novità sarà costituita dal nuovo Consorzio dei farmaci, "organizzato sul modello del NICE o dello Scottish Consortium".
La riforma della sanità lombarda è in rampa di lancio. Avete proseguito nel solco del modello lombardo, tracciato con la legge 31 del ’97?
La riforma che è stata approvata in Giunta va in assoluta continuità con il Sistema Sanitario Lombardo istituito con la Legge 31/97; semplicemente a distanza di 17 anni serve una profonda manutenzione per adeguare la normativa al cambiamento dei tempi, a partire dal titolo stesso, che parla di Sistema Socio Sanitario e non più solamente Sanitario, ad identificare l’improcastinabile necessità di una regia unica, che tenga conto di due settori cruciali nella nostra società ed ormai con valenze profondamente intersecate ed inscindibili, subentrando a quella carenza di autoprotezione della famiglia ed alla riduzione della capacità d’intervento, a causa dei ripetuti tagli ai bilanci, da parte degli Enti Locali.
Quali sono state le principali criticità su cui avete focalizzato l’attenzione e come avete pensato di intervenire?
Fondamentalmente le necessità sono quelle di realizzare un’unica Rete, Ospedaliero/Territoriale e Socio Sanitaria, che possa rispondere adeguatamente ai bisogni soprattutto della cronicità, che assorbe il 73% delle risorse e spessissimo è trattata in ambiente inadeguato, ad esempio nelle strutture ospedaliere superspecialistiche, con disagi per il cittadino e costi doppi, in qualche caso quadrupli, per il sistema, trattandosi spesso di prestazioni a bassa intensità, agevolmente erogabili come servizi di prossimità alla persona e con costi nettamente ridotti, che possano liberare risorse per la ricerca, le prestazioni superspecialistiche, l’abbattimento delle liste d’attesa e la riduzione della compartecipazione del cittadino attraverso i ticket.
La riforma è imperniata su un concetto chiave: “prendersi cura del paziente”. Qual è lo spirito che incarna questo approccio?
Proprio riferendoci al paziente cronico, non è più possibile pensare ad una serie di prestazioni estemporanee, svincolate tra di loro e subordinate a liste d’attesa troppo spesso incompatibili con l’andamento della malattia e con la prevenzione delle complicanze. Il passaggio deve essere da “curare” a “prendersi cura”, dove “curare” significa erogare una prestazione quando la malattia è manifesta, “prendersi cura” vuol dire realizzare un “Percorso Diagnostico Terapeutico” che possa prevedere tutti i controlli e gli interventi necessari per tenere la malattia cronica sotto controllo ed evitare ricadute e recrudescenze, attraverso una regia unica, una struttura a cui il cittadino si possa affidare. A tutti questi Percorsi Diagnostico Terapeutici, elaborati dalle Società Scientifiche delle diverse discipline mediche, verranno attribuiti dei controvalori economici, che verranno riconosciuti alla struttura che si prenderà in carico il paziente. Questo determinerà una migliore aderenza terapeutica ed una superiore qualità ed aspettativa di vita, unitamente ad un’ottimizzazione delle risorse economiche, senza ricorsi ad esami ed interventi inutili o replicati solo perché carenti di una regia a monte.
Quale il ruolo dell’Agenzia regionale di controllo regolata dall’articolo 10?
Va nell’ottica della separazione tra programmazione, erogazione e controllo, per garantire la massima qualità, terzietà e trasparenza. In particolare la programmazione e l’erogazione, pur facendo ovviamente parte della stessa struttura, prevederanno una metodologia tale che ne consenta un’attività svincolata, al fine di non subire influenze non derivanti da reali dati epidemiologici e realmente basati sull’emergenza dei bisogni; il controllo ancora di più deve essere terzo, non solamente sulla qualità e la correttezza delle prestazioni erogate, ma proprio partendo dal controllo del rispetto delle norme organizzative di sistema.
L’articolo 23 della bozza prevede che l’assistenza venga garantita da circa 19 Aisa, che riuniranno più di un ospedale in un’unica struttura ogni 400mila abitanti. Su quali base nasce questa riorganizzazione e che genere di obiettivi potrà assicurare?
E’ il superamento, dal punto di vista erogativo prestazionale, del dualismo tra le competenze delle attuali ASL e delle Aziende Ospedaliere, per realizzare quell’unica Azienda che sia in grado di realizzare la Rete Ospedaliero/Territoriale e Socio Sanitaria, garantendo dall’elevata specialità nosocomiale alla capillare assistenza periferica, sotto un’unica regia, su un territorio omogeneo. Alle Future ASSL, che diventano Agenzie, spetta il compito della programmazione e della contrattualizzazione di tutte le realtà, pubbliche e private, insistenti su un territorio vasto, al fine di garantire tutta la gamma prestazionale possibile.
La scelta del management sanitario sarà affidata a cacciatori di teste. Quali i vantaggi di questa novità? Nel complesso verranno meno circa 70 persone manageriali: alla radice ci sono soltanto ragioni di risparmio oppure anche obiettivi di efficientamento organizzativo?
Anche in questo caso la scelta è innanzitutto dettata dalla volontà di rendere tutto il più trasparente possibile, affidando la valutazione dei manager a specialisti del settore, senza vincoli politici, come si evince agevolmente dal fatto che non tutti gli idonei saranno nominabili, ma solo un gruppo ristretto, nei confronti dei quali non avverrà solamente una valutazione curriculare, ma anche prove psicoattitudinali specifiche.
La riduzione del numero è ovviamente funzione del contenimento dei costi, evitando stipendi tanto onerosi quanto inutili, oltrechè la possibilità di identificare le persone più valide, attraverso una rigida selezione ed un numero limitato. Fondamentale poi è anche la scelta, al di la’ dei Direttori Generale e Sanitario, di ridurre il numero di nominati esterni e ricorrere a risorse interne, nelle figure dei Direttori Amministrativo, Sociale ed Assistenziale, quest’ultima figura assolutamente rivoluzionaria e riferita all’attività delle professioni sanitarie non mediche.
Un nodo cruciale della sanità lombarda è costituito certamente dalle strutture private e dal loro rapporto con quelle pubbliche. Come interverrete in questo senso?
Rimane assolutamente immodificato l’impianto di base, basato sulla libera scelta del cittadino e la sana concorrenza tra pubblico e privato, finalizzata all’incremento qualitativo e tempistico; la grande novità è il nuovo campo d’applicazione in cui pubblico e privato dovranno cimentarsi: la Rete Ospedaliero/Territoriale e la gestione delle Cronicità. Così come è avvenuto nel 1997 con le strutture ospedaliere, soprattutto quelle specialistiche, che hanno visto il privato muoversi più rapidamente e trovare soluzioni innovative che hanno successivamente fortemente stimolato ed innalzato il livello competitivo del pubblico, allo stesso modo mi aspetto che la stessa situazione si verrà a riproporre ora, a livello territoriale e nella presa in carico del cronico. Fondamentale sarà poi la tendenza alla sussidiarietà orizzontale, dove sempre più pubblico e privato, pur concorrenti, dovranno cooperare, sia in sede di programmazione che di erogazione, in termini di tempistica di risposta e di qualità prestazionale, a vantaggio dell’utente.
Su che assi avete impostato la nuova modulazione dei ticket?
Per il momento la riduzione dei ticket è un enunciato di principio e non di metodologia, che verrà declinata in funzione delle risorse economiche che si renderanno disponibili; quello che è certo è che sarà indispensabile ampliare sempre di più la gamma degli esenti, partendo dalla salvaguardia delle nuove Fragilità; non più solamente anziani, minori e disabili, ma anche le nuove povertà. Un esempio concreto è quello degli anziani ultrasessantacinquenni che sono totalmente esenti per prestazioni diagnostico – terapeutiche fino a trentottomila euro di reddito familiare e farmaceutiche fino a diciottomila euro, mentre la giovane coppia monoreddito precario da ottocento euro al mese non ha alcuna esenzione: mi sembra una grave ingiustizia sociale da sanare quanto prima.
E cosa vi aspettate dal Consorzio dei farmaci?
Il Consorzio dei Farmaci, Protesi e Presidi Medico Chirurgici vuole essere quell’organismo che, basandosi sulle evidenze scientifiche internazionali, emana le corrette indicazioni procedurali e terapeutiche che richiedono tali ausili, su modello del NICE o dello Scottish Consortium, anche dimostrando l’insostenibilità di una normativa nazionale che non è allineata con le moderne evoluzioni scientifiche e ci fa essere arretrati di oltre un anno, spesso due, rispetto agli altri Paesi Europei nell’innovazione sanitaria. La Lombardia ha l’obbligo morale di stimolare il resto del Paese affinchè il cittadino lombardo ed Italiano non sia più di Serie B rispetto agli altri cittadini europei!
Il testo prevede la nascita dell’assessorato unico Salute-Famiglia: come sarà strutturato?
L’Assessorato unico è assolutamente improcrastinabile, proprio per rispondere alla radice a quelle esigenze di implementazione Socio Sanitarie ripetutamente ricordate: la cabina di regia deve essere unica. Ovviamente, in una realtà come Regione Lombardia, con dieci milioni di abitanti, i settori dovranno comunque essere curati con particolare attenzione, a partire dalla salvaguarda di quelle eccellenze che ci sono unanimemente riconosciute; personalmente immagino un’organizzazione dipartimentale, che possa prendersi carico, attraverso almeno 3 Dipartimenti, della Programmazione, dell’Eccellenza prestazionale con Didattica e della Ricerca, della Rete Socio Sanitaria Territoriale, ridistribuendo le risorse secondo le reali esigenze ed i bisogni evidenziati scientificamente. Ma credo sia veramente prematuro, oggi, ad iter legislativo appena iniziato, congetturare strutturazioni organizzative che saranno ovviamente figlie del definitivo testo di legge, quando sarà approvato dal Consiglio.
La bozza è stata approvata in giunta regionale, ma con l’astensione degli assessori in quota Ncd. Pensa ci siano margini per ricucire lo strappo? In che modo?
Sono assolutamente certo che lo strappo possa essere ricucito; con un’unica metodologia: il confronto nel merito e sui contenuti, senza pregiudizi ideologici e con un minimo di disponibilità a far emergere i limiti di svariate normative nazionali che non sono più compatibili con le esigenze di una Regione come la Lombardia e che non può più accettare di essere penalizzata o, peggio ancora, frenata nelle proprie potenzialità, con una qualità nettamente superiore e costi ampiamente inferiori alla media nazionale.
Gennaro Barbieri
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Fonte: Quotidiano Sanità: 31 dicembre 2014