Lauree e lavoro in sanità. Gli infermieri i più richiesti, i farmacisti i più stabili, i medici i più pagati

Lauree e lavoro in sanità. Gli infermieri i più richiesti, i farmacisti i più stabili, i medici i più pagati

Lauree e lavoro in sanità. Gli infermieri i più richiesti, i farmacisti i più stabili, i medici i più pagati

A un anno dalla laurea lavora il 61% degli infermieri contro il 41% dei medici e il 53,7% dei laureati nel settore chimico/farmaceutico. Stabilità lavorativa per il 59% dei medici, per il 42% delle professioni sanitarie, mentre il 67% dei farmacisti ha un contratto a tempo indeterminato a 5 anni dalla laurea. A 5 anni la retribuzione media è di 1.678 euro per il medico, 1.369 per il farmacista e 1.406 per le professioni sanitarie. 

“Il XVII Rapporto AlmaLaurea registra timidi segnali di inversione di tendenza nel mercato del lavoro che fanno sperare in un 2015 più roseo. Tuttavia, come testimoniano i dati relativi ai laureati indagati a cinque anni dal titolo, il lungo periodo di recessione ci consegna un pesante fardello e conferma delle persistenti difficoltà occupazionali di coloro che si sono laureati a cavallo della crisi. Si tratta di una gravosa eredità, che condizionerà le opportunità occupazionali, retributive, di carriera, di questi laureati anche nella fase di ripresa dell’economia e in un orizzonte di medio-lungo termine. Il messaggio quindi, anche in quest’ambito è: prevenire è sempre meglio che curare. La prevenzione richiede politiche macroeconomiche più attive, coordinate su scala europea, un maggiore impegno sul fronte delle politiche industriali e l’adozione di misure volte a valorizzare la conoscenza e a favorire l’incontro tra domanda e offerta di capitale umano”. Così Francesco Ferrante, componente del Comitato scientifico di AlmaLaurea, ha illustrato la situazione del mondo del lavoro descritto nel XVII Rapporto AlmaLaurea riferito agli anni 2014 e fresco di pubblicazione.

In particolare, il confronto con le precedenti rilevazioni ad un anno evidenzia, dopo anni di incessante contrazione, una sostanziale tenuta del tasso di occupazione per i laureati triennali e per i magistrali biennali, e ciò indipendentemente dalla condizione lavorativa al momento della laurea. Ma per i laureati a ciclo unico il quadro è leggermente diverso (-8 punti nel tasso di occupazione rispetto alla rilevazione 2013, -30 punti rispetto a quella di cinque anni prima). “In questo contesto – spiega il Rapporto - i laureati magistrali a ciclo unico rappresentano una realtà molto particolare”, Ad esempio, “il 2014 evidenzia la situazione anomala dei laureati in medicina e chirurgia, i quali hanno visto il posticipo dei termini concorsuali (da luglio, nel 2013, a dicembre, nel 2014) per l’accesso alle scuole di specializzazione, oltre che una riduzione dei posti a bando. Ne è risultato un aumento della quota di laureati che non lavorano e che sono alla ricerca attiva di un impiego”.

Occupazione: a un anno dalla laurea lavora il 41% dei Medici, il 53,7% dei farmacisti e il 61% degli infermieri
Tra i laureati magistrali a ciclo unico la percentuale di occupati ad un anno dal conseguimento del titolo è pari al 34%, valore in lieve aumento rispetto alla rilevazione dello scorso anno (+1 punto), ma in calo di 12 punti rispetto a quella del 2008. Una quota decisamente consistente (31%, in diminuzione di 5 punti rispetto alla rilevazione del 2013 e di circa 9 punti rispetto a quella del 2008) è invece composta da laureati che non lavorano né cercano, di norma perché impegnati in attività formative. In questo contesto, a un anno dalla laurea risulta occupato il 41% dei laureati in medicina, (+8 punti rispetto allo scorso anno), ma ciò è legato, come anticipato, al crollo della partecipazione a scuole di specializzazione (per il posticipo dei termini concorsuali), che li ha portati a rivolgersi al mercato del lavoro, con un aumento quindi di occupati ma anche di laureati in cerca di lavoro. Per i farmacisti la percentuale è del 53,7%.
Se si considera una definizione alternativa di occupato a quella classicamente usata da Almalaurea, cioè considerando come occupati anche coloro che hanno una retribuzione di altro tipo, ad esempio legata alla formazione, il tasso di occupazione complessivo ad un anno lievita di 15 punti percentuali. La quota raggiunge il 69,7% per il settore chimico/farmaceutico, ma per le ragioni sopra esposte l’aumento minore (+6 punti, per un totale del 46,5%) si rileva tra i medici.
Per quanto riguarda gli infermieri, a un anno dalla triennale lavorano nel 61% dei casi (con l’occupazione in leggero aumento: +0,1%), mentre a un anno dalla specialistica nel 93,8% dei casi.
 
Se si considerano gli esiti occupazionali a cinque anni dal conseguimento del titolo, questi evidenziano le percentuali più elevate di occupati, in particolare, tra i laureati di farmacia (85%, +19 punti percentuali rispetto alla rilevazione compiuta, sul medesimo collettivo, ad un anno. Il gruppo medico, invece, è in assoluto quello cui si associa la più bassa proporzione di occupati, pari al 26% (quasi 6 punti in meno rispetto all’indagine effettuata ad un anno dalla laurea; invariata rispetto a quanto osservato sul collettivo dei laureati 2008). Ciò è legato però al fatto che larga parte dei laureati è ancora impegnata in attività di formazione post-laurea, tanto che chi non cerca lavoro rappresenta il 69% degli intervistati (era il 70,5% nell’analoga indagine dello scorso anno). Per quanto riguarda le professioni sanitarie, a cinque anni dalla laurea il tasso supera il 90%. 
 
Le differenze di genere
A livello complessivo le differenze in termini occupazionali fra uomini e donne paiono più contenute per i corsi a ciclo unico rispetto a quanto emerso per le altre tipologie di corsi esaminate: ad un anno dal titololavorano, infatti, 32 donne e 37 uomini su 100 (percentuale quest’ultima in aumento di 2 punti rispetto alla rilevazione del 2013, invariata invece per le colleghe). A livello di gruppo disciplinare la situazione, seppur sempre a favore degli uomini, è però diversificata; infatti, il differenziale di genere è minimo tra farmacisti (+2 punti), mentre si amplia tra medici (+8 punti).
A cinque anni dalla laurea, le differenze fra uomini e donne in termini occupazionali risultano ancora contenute (5 punti percentuali), seppure sempre a favore della componente maschile: lavorano 62,5 uomini e 57,5 donne su cento. Il vantaggio degli uomini rispetto alle donne risulta particolarmente ampio tra i giuristi e i medici (+9 punti, per entrambi).
Per quanto riguarda gli infermieri, a un anno dalla laurea lavora il 63% degli uomini e 59,4% delle donne.
A cinque anni dal conseguimento della laurea il differenziale occupazionale tra Nord e Sud si attesta sui 6 punti percentuali; uno scarto rilevante ma in calo rispetto a quello rilevato, sulla medesima coorte, ad un anno dal titolo (era pari a 15 punti). A cinque anni lavora, infatti, il 62,5% dei laureati residenti al Nord e il 56% dei residenti al Sud (ad un anno le quote erano, rispettivamente, 45 e 30%).
In termini di tasso di disoccupazione, il differenziale Nord-Sud si attesta, a cinque anni, a oltre 8 punti percentuali: la quota di disoccupati può essere definita fisiologica al Nord (3%), mentre è più consistente al Sud (11,5%).

Prosecuzione del lavoro iniziato prima della laurea
Concentrando l’attenzione sui laureati che proseguono l’attività lavorativa iniziata prima della laurea (18 su cento), si rileva che il 33% ha notato un miglioramento nel proprio lavoro legato al conseguimento del titolo, in particolare dal punto di vista delle competenze professionali.
A cinque anni dal conseguimento del titolola quota di laureati che dichiara di proseguire il medesimo lavoro iniziato prima di terminare gli studi è pari al 6%, cui si aggiunge un ulteriore 15% che ha cambiato lavoro dopo la laurea. L’area di chi, ancora a cinque anni, prosegue il lavoro precedente alla laurea è più consistente tra i farmacisti (8%), mentre è decisamente più contenuta tra i colleghi veterinari e medici (2% in entrambi i casi).
 
A un anno dalla laurea, stabilità lavorativa per il 59% dei medici e per il 42% degli operatori delle professioni sanitarie. Contratto a tempo indeterminato per il 18% dei farmacisti, 67% dopo 5 anni
Ad un anno dal titolo, la maggiore stabilità lavorativa è registrata fra gli occupati veterinari e medici(riguarda, rispettivamente, il 59 e il 49% degli intervistati; per entrambi in aumento rispetto alla precedente rilevazione), e ciò si associa soprattutto all’ampia diffusione di attività a carattere autonomo (54 e 46%, rispettivamente, contro il 26% registrato per il complesso della popolazione in esame). Consistente la quota di occupati assunti con contratto a tempo indeterminato tra giuristi e farmacisti (20 e 18% contro 12% del totale). Tra questi ultimi risultano però particolarmente diffusi anche i contratti non standard (41%) e formativi (22%).
Analogamente allo scorso anno, infine, tra architetti, giuristi e veterinari è significativa la presenza di lavoratori senza contratto (19, 17 e 11%, rispettivamente); per tutti la quota è in diminuzione di circa 5 punti percentuali.
A cinque anni dal conseguimento del titolo, il livello di stabilità raggiunto dai laureati magistrali a ciclo unico è molto alto, e ciò si verifica in quasi tutti i gruppi disciplinari: supera il 79% tra architetti, farmacisti e giuristi e raggiunge l’85% tra i veterinari. Rispetto alla precedente rilevazione a cinque anni, la stabilità lavorativa registra una leggera contrazione in particolare tra gli architetti e i farmacisti (rispettivamente -2 e 1,5 punti percentuali); risulta pressoché invariata per i laureati degli altri gruppi disciplinari. La stabilità dei farmacisti dipende dall’elevata quota di contratti a tempo indeterminato (67%), mentre per gli altri gruppi disciplinari è determinata dalla consistente diffusione del lavoro autonomo (con percentuali che oscillano tra il 59% per i medici e l’80% per i veterinari).
Tra uno e cinque anni dal titolola stabilità risulta aumentata rispettivamente di 52 e 50 punti percentuali tra architetti e giuristi; di 44 punti tra i farmacisti, 40 tra i veterinari e solo 23 tra i medici. Tra questi ultimi infatti la quota di occupati stabili a cinque anni risulta inferiore alla media (63%); occorre però tenere in considerazione la modesta quota di occupati, ancora a cinque anni dal titolo. All’interno di questo percorso disciplinare è ancora consistente la quota di occupati con contratti non standard (23%) e con collaborazioni occasionali (7%).
Per quanto riguarda le professioni sanitarie a un annodalla conclusione degli studi, che risulta su livelli relativamente elevati (il 42% degli occupati può contare su un lavoro stabile, in misura maggiore di tipo autonomo, 26,5%). A cinque anni dal titolo sono sempre i laureati delle professioni sanitarie a registrare i livelli più elevati di stabilità, che raggiunge infatti l’81% degli occupati (in aumento di 29 punti percentuali rispetto all’analoga rilevazione a un anno dal titolo); anche in questo caso la maggiore stabilità dell’occupazione è legata all’ampia diffusione dei contratti a tempo indeterminato. Per questa categoria, rispetto allo scorso anno, la quota di lavoro autonomo è pressoché stabile (era del 26%) mentre è diminuita la quota di lavoratori con contratti a tempo indeterminato (era del 19%, nel 2013 è del 18,1%). 

Coerenza tra titolo e ramo di attività 
Già ad un anno dal termine degli studi universitari si rileva una buona coerenza tra titolo conseguito e ramo di attività economica in cui i laureati esercitano la propria attività lavorativa; ciò emerge con ancora maggiore forza nel momento in cui, come nel caso in esame, si prendono in considerazione percorsi di studio che, per loro natura, prevedono una formazione altamente specializzata.
Analogamente alla precedente rilevazione, la quasi totalità (87%) dei pochi medici occupati opera infatti nel settore della sanità; il 64% dei laureati del gruppo farmaceutico lavora presso farmacie o tutt’al più (15%) nel ramo della sanità (si tratta verosimilmente di farmacie ospedaliere).
L’indagine a cinque anni dal conseguimento del titolo conferma in larga parte il quadro fin qui delineato, pur consentendo di rilevare una, tendenziale, maggiore coerenza fra studi compiuti e ramo di attività, in particolare per i laureati del gruppo giuridico e medico. Complessivamente, 87 occupati a cinque anni su cento lavorano nel settore dei servizi, 12 nell’industria e meno di 1 su cento nell’agricoltura. Più nel dettaglio, 89 medici occupati su cento lavorano nella sanità e 71 laureati del settore farmaceutico su cento lavorano presso farmacie e 12 su cento nel ramo della sanità; 54 veterinari svolgono la libera professione e rientrano pertanto nelle consulenze professionali, mentre 32 su cento lavorano nella sanità.
 
Le retribuzioni. A 5 anni dalla laurea vale 1.678 euro per il medico, 1.369 per il farmacista e 1.406 per le professioni sanitarie 
A cinque anni dalla laurea, i laureati a ciclo unico guadagnano in media 1.283 euro mensili. Le retribuzioni più elevate sono percepite dai laureati del gruppo medico (1.678 euro), che innalzano significativamente la retribuzione rilevata per il complesso dei laureati. Ammonta a 1.369 la retribuzione media del farmacista. A cinque anni dalla laurea gli uomini guadagnano il 16% in più delle donne. Il divario di genere è del 16% tra i medici (2.107 contro 1.816 euro), mentre è più contenuto tra i farmacisti (+6%).
Il guadagno medio a 5 anni dalla laurea per le professioni sanitarie con laurea di primo livello è in media di 1.400 euro, nel dettaglio 1.561 euro netti per gli uomini e 1.445 per le donne. E sempre le professioni sanitarie, ma con laurea magistrale, sono seconde come guadagno medio solo ai laureati in ingegneria (che hanno una differenza in più media di 90 euro) con 1.668 euro netti mensili per gli uomini e 1.569 per le donne. 

scarica il rapporto di Almalaurea


Fonte: Quotidiano Sanità - 22 aprile 2015
 

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